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La Fontana delle 99 Cannelle

La fontana delle 99 Cannelle, situata nel Borgo Rivera, una delle zone più antiche del centro storico, è costituita da novantatré mascheroni in pietra e sei cannelle singole: secondo la tradizione, le cannelle rappresenterebbero i novantanove castelli del circondario che, nel XIII secolo, parteciparono alla fondazione de L’Aquila.

Storia della fontana delle 99 cannelle

La storia della fontana delle 99 Cannelle non è di semplice interpretazione. Fu probabilmente eretta su progetto dell’architetto Tancredi da Pentima nel 1272. Quel che è certo è che la zona oggi detta della Rivera, corrispondente a un antico castello denominato Acquili, dal quale deriva il nome della città, costituiva all’epoca della fondazione un’area strategica per quanto riguarda l’abbondanza di acqua e le numerose attività artigianali che vi si erano insediate.

“…La fontana era il più necessario degli utensili civici. Da quell’aves, di certo, venne la scelta del luogo e, forse, prima che da ogni ragione araldica, il nome della città: poiché la polla era nota nei secoli e le acquicce che ne discendevano al fiume eran dette, in latino, Aculae o Aquiliae” (Carlo Emilio Gadda 1934).

In seguito al terremoto del 2009 la fontana ha riportato lievi danni, soprattutto per quanto riguarda il fronte destro che si poggia sul perimetro murario della città. Dopo il restauro, è stata riaperta al pubblico il 16 dicembre 2010.

Descrizione della fontana delle 99 cannelle

La fontana delle 99 Cannelle è a pianta trapezoidale di notevole impatto prospettico, originariamente costituita da un elaborato sistema simbolico astrologico. Si sviluppa su tre fronti ed è posta ribassata rispetto alla sede stradale.

Il perimetro della fontana è caratterizzato dall’intreccio di masselli di pietra bianca e rosa tratta dalla vicina cava di Genzano di Sassa, presenti anche nella facciata della basilica di Santa Maria di Collemaggio e in altri monumenti della città. È costituita da cinque vasche poste su livelli differenti e leggermente sfalsati tra loro, sulla più alta delle quali viene immessa l’acqua tramite appositi mascheroni. Questa struttura era appositamente studiata per consentire il lavaggio del bucato che vi avvenne quotidianamente sino ai primi decenni del XX secolo.

I mascheroni sono tutti diversi fra loro ed intervallati da formelle rettangolari, novantatré delle quali contenenti un fiore in rilievo e un rosone. Queste ultime rappresenterebbero le piaghe del Cristo, mentre il rosone è a simboleggiare il ciclo della vita e quindi l’eternità.

Tra tutti i mascheroni, di particolare interesse è quello posto sull’angolo destro raffigurante un uomo con la testa di pesce che farebbe riferimento a una favola medievale nota come leggenda di Nicola Colapesce e quindi a  Federico II di Svevia, a cui si vorrebbe legata la fondazione della città.

Un altro mistero legato all’opera riguarda la sorgente di alimentazione, tenuta volontariamente segreta per evitare che un castello piuttosto che un altro ne rivendicasse la paternità, tanto da spingere a giustiziare il progettista affinché non la rivelasse a nessuno; secondo la leggenda le spoglie di Tancredi da Pentima sono tuttora poste al di sotto della pavimentazione della fontana.